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FRANTOI IPOGEI


                                 
               



I frantoi ipogei sono principalmente stati realizzati nei secoli 1200,1500, costituiti da seminterrati posti circa a quota 2.00 m  sotto al livello stradale,scavati in banchi rocciosi di tipo tufaceo fino ad un'altezza media di 1.20 m,presentando generalmente un impianto planimetrico di tipo a "camera".
Venivano costruiti sotto terra per poter sfruttare al massimo la costanza termica e proteggere il prodotto dagli sbalzi di temperatura.

Di solito nella parte centrale di solito venivano posti i macchinari che si utilizzavano per la lavorazione dell'oliva,quindi delle presse idrauliche e il motore affiancato da una grande vasca(composte da due o tre pietre,composto da un bacino costruito in pietra locale,con un bordo di protezione,dove all'interno sono poste 4 pietreuna orizzontale e 3 verticali),mentre di fronte venivano posti dei grandi blocchi di pietra che formavano un quadrato recante sul lato rivolto alla pressa un canale,ovvero dei pozzetti di decantazione e di fronte veniva un'altro pozzo per la raccolta della "sintina"detto in dialetto leccese "nfiernu".

Le fasi produttive venivano eseguite dai trappetari .Si iniziava con l'arrivo dei carretti colmi di olive che venivano scaricate nei depositi per poi essere distribuite direttamente nelle vasche,pronte per essere frante da una grossa macina(pietra molare).
La macina veniva fatta girare da un mulo che aveva gli occhi coperti da una benda e legata intorno al collo una campanella per segnalare il movimento.
Dopo la molitura le olive venivano frantumate in una pasta omogenea che veniva stesa su di un tavolo in legno rivestito in rame per essere poi spalmata nei fiscoli di giunco e di corda intrecciata.
I "Fiscoli" pieni di olive venivano incolonnati sotto ai torchi ad una vite di tipo alla "genovese";la prima spremitura avveniva sotto uno di questi torchi chiamati in gergo "mamma"oppure "mammareddra"perchè dava il primo olio ed era quello più limpido .
Dopo circa un'ora il torchio veniva liberato dalla pasta della prima spremitura  ed i "fiscoli"con la pasta venivano sottoposti ad una seconda spremitura sotto un'altro torchio chiamato "conzu".
I torchi erano azionati dalle braccia degli operai del frantoio che durante il processo di trasformazione svolgevano un lavoro massacrante e disumano.
Nel corso della spremitura l'olio gocciolava nei pozzetti di decantazione e dopo circa un'ora,veniva raccolto mediante un piattino di terra cotta o di rame "mappu o criscituru"in un recipiente detto "sciuanna" e versato successivamente in delle grandi pile di pietra leccese,ubicate nei frantoi per essere poi di conseguenza venduto.

 


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